Carlo Canetti nacque a Milano nel 1811 da Antonio Canetti e Giovanna Caccianiga. Della sua carriera di medico (o “dottore fisico”, come si diceva allora) allo stato attuale delle conoscenze è noto soltanto il praticantato presso l’Ospedale Maggiore di Milano tra il 1836 e il 1837. Vedovo senza figli della prima moglie Giuseppa Redaelli, si risposò in tarda età con Elena Botta figlia di Antonio, più giovane di una trentina d’anni e proveniente da una famiglia benestante. La moglie era nata a Como dove viveva con tre sorelle e dove Canetti si recava per curare i suoi interessi terrieri nel paese di Luino. I due coniugi vissero, senza avere figli, a Milano in via Montenapoleone 31.
Professionista stimato e conosciuto a Milano, come attestano i necrologi, fece due generose donazioni alla Congregazione di Carità, rispettivamente in data 7 ottobre 1882 e 8 giugno 1883 a rogito del notaio Rinaldo Dell’Oro. La prima donazione consisteva in una “casa sita in via Pietro Verri 22 di quattro piani”, composta di due corpi “in un discreto stato di manutenzione” e “in posizione centrale ed appetibile per affitti” per un valore di lire 104.925, compreso il suo appartamento. La donazione era vincolata al versamento di un vitalizio annuale per i coniugi Canetti di 5.800 lire, calcolato in base ai rischi dovuti “all’instabilità della vita umana”. Una parte dello stabile, che comprendeva quattro botteghe, un magazzino e 66 vani, era stata venduta al fisico Canetti nel 1861 dagli eredi Barni, che avevano acquistato il diretto dominio della stessa dal Collegio degli ostiari di Milano; l’altra parte, invece, gli era pervenuta per eredità paterna con decreto del tribunale civile del 25 luglio 1848. La seconda donazione ammontava a lire 3.000 di rendita consolidata al 5% e “aveva come iscopo di rendere possibile l’autorizzazione della donazione già fatta della ripetuta casa”, in quanto corrispondeva alla cifra che la Congregazione di carità doveva versare come tassa di ricchezza mobile. I decreti relativi all’accettazione delle donazioni giunsero all’ente dalla deputazione provinciale il 3 agosto 1883 e quello regio, relativo allo stabile, il 21 ottobre dello stesso anno.
Nel 1884 venne tributato a Canetti “l’alto onore dell’esporre […] la propria effigie fra i benefattori”, ed egli ringraziò “commosso […] con tutta l’effusione dell’animo […] per questa onorevole distinzione” il consiglio della direzione della Congregazione di Carità. Il benefattore morì a Milano il 12 agosto 1887; la moglie, trasferitasi in via San Paolo 12, ereditò tutti i suoi beni come disposto dal testamento olografo di Canetti stilato il 10 novembre 1884 a rogito del notaio Cesare Candiani e pubblicato il 13 agosto 1887, il cui esecutore testamentario fu l’amico dottor Giovanni Malerba. L’ingente patrimonio comprendeva tra i vari beni, terreni e stabili nel comune di Luino in provincia di Como, consistenti “in pertiche metriche 70,24 con una casa colonica e camere ad uso civile d’abitazione”, rendite, denaro e mobilia. Fra i diversi legati, lasciati da assolvere alla moglie in qualità di erede, oltre quelli a parenti, amici e domestici, vi erano due lasciti di lire 300 a favore dei poveri della parrocchia di San Francesco da Paola in Milano e di lire 200 a favore dei poveri di Luino.
(da Il tesoro dei poveri, pp. 250-252, testo di Enrica Panzeri)