Maria Rosa Pessina, nata a Milano e morta “nell’età di ottantanove anni” il 24 ottobre 1874 a Gravedona, dove era in villeggiatura, era figlia di Angelo Maria Pessina e Teresa Corneliani, e sorella di Adelaide. Vedova del barone Giuseppe Cavalletti, era possidente e risiedeva a Milano in via del Giardino (poi via Manzoni) 39; lasciava disposizione delle sue sostanze con testamento 18 marzo 1871 e codicilli 23 marzo 1872, 17 novembre 1873, 13 gennaio, 1 luglio e 20 ottobre 1874 pubblicati in data 5 novembre 1874 dal notaio Giuseppe Locati.
La generosa benefattrice aveva già provveduto in vita ad elargizioni non solo in denaro: nelle sue carte è contenuta una lettera datata 28 giugno 1860 del prefetto della Biblioteca Ambrosiana padre Bernardo Gutti il quale ringraziava la baronessa Pessina di aver donato “i guanti di Napoleone a Waterloo” ricevuti dal marito. Nella documentazione è inoltre contenuto un fascicolo di fatture e ricevute riguardanti la gestione della sua casa in Milano tra il 1850 e il 1874 relative a tessuti, tappeti, specchi, vetri, divani, canapè, materassi, mobili, pianoforte, carboni, casseruole, cioccolatiere, padelle, vestiario per sé e per la servitù.
Nella denuncia di successione sottoscritta dal presidente della Congregazione di Carità, erede universale della testatrice, veniva nominato esecutore testamentario il dottor Francesco Valcamonica. L’eredità al momento della successione ammontava a 244.507 lire e consisteva in una casa in via Manzoni 39, nella parrocchia di S. Bartolomeo a Porta Nuova, indicata coi numeri di particella catastale 104 e 105, del valore di oltre 85.000 lire (nel 1875 la casa venne venduta al nobile Vitaliano d’Adda); una casa in via dei Fustagnari 1678 (poi 2) del valore di circa 20.000 lire; una casa d’abitazione e dei rustici in Gravedona, con terreno di circa 14 pertiche, del valore di 23.000 lire, acquistata nel 1851; crediti, censi e redditi in capitale, interessi decorsi, azioni commerciali e rendite del debito pubblico, mobilia e denaro contante.
Nelle ultime disposizioni testamentarie la Pessina nominava erede universale l’Opera pia Baliatico amministrata dalla Congregazione di Carità (alla quale aveva già donato 2.000 lire nel 1871), revocando un precedente testamento olografo che designava quale erede il conte Carlo Lurani; al Lurani venivano, invece, lasciate 10.000 lire, oltre a tutti i mobili dell’appartamento di Milano, affinché fossero “collocati nella nuova Casa del Refugio presa in affitto a Porta Vercellina” e altre 12.000 lire “gli interessi delle quali [dovevano servire] a mantenere qualche donna o ragazza nel suddetto locale”.
Nelle volontà della benefattrice vengono stabiliti, inoltre, numerosi legati tra i quali: una catena d’oro con crocetta a Luigia Minordi; due anelli “l’uno colla testa da morto e l’altro colle testine della Madonna” a Maddalena Rebuschini di Dongo, oltre a 200 lire “da distribuirsi ai poveri di Barbignano”; tre tappeti di damasco rosso alla superiora dell’Istituto Canossiano delle figlie della Carità di Gravedona; altri tre tappeti alla chiesa e all’oratorio di Gravedona; alle due cameriere un legato in denaro oltre a lenzuola, coperta, cuscini, materasso e letto di ferro; un anello con pietrine all’oculista Carlo Leinati; all’Asilo infantile di S. Francesco di Paola in Milano 5.000 lire “coll’obbligo di erogarne in perpetuo gli annui interessi in una pensione a favore della maestra Direttrice di detto asilo vita natural durante colla condizione che abbia servito per 30 anni negli asili d’infanzia”; alla Congregazione di Carità di Gravedona 2.000 lire “coll’obbligo di erogarne i frutti annualmente in perpetuo a favore di quattro vedove povere di quel comune da dividersi fra loro in parti uguali”; l’azzeramento di ogni debito a Celeste Ferrario di Pizzighettone a patto che sua figlia Marianna venisse educata nell’educandato di Gravedona “sotto l’espressa condizione che si mantenga da savia ed onesta fanciulla”; a Ferdinando Cavalletti 2.000 lire e “il piccolo ritratto in miniatura del marito [Giuseppe Cavalletti] e quello della di lui sorella Adelaide maritata Cernuschi”; a Giuseppa Pessina figlia di Paolo lascia i suoi orecchini di perle; la casa di Gravedona con terra e mobili e biancheria a Rosa Castoldi di Gravedona (la casa in Gravedona, detta “il Convento” poiché in precedenza era un monastero, aveva diversi rustici annessi, “vigne con moroni e vigna grande”.
Nonostante il minuzioso elenco dei legati, la Pessina si dispiaceva di non aver potuto essere più generosa: “Con mio dispiacere non posso nel presente mio testamento dare una prova di fatto a tutti i miei cari cugini dell’affetto che loro porto avendo dovuto scegliere quelli fra essi che ho veduto in angustia di fortuna per famiglia numerosa e per disgrazie avute”.
Infine, rispetto alle proprie esequie chiedeva: “ordino che i miei funerali vengano fatti senza pompa coll’intervento però di 24 figlie dell’Orfanotrofio detto della Stella e che il mio cadavere venga trasportato a Gravedona coll’assistenza di un sacerdote”. Per la baronessa Pessina venne realizzato dallo scultore Luigi Cocchio a spese della Congregazione un monumento funebre nel cimitero di Gravedona.
(da Il tesoro dei poveri, pp. 223-225, testo di Maria Canella)