Giovanni Visconti nacque dal matrimonio tra il giureconsulto Giovanni della linea dei Visconti di Crenna e Ottavia Annoni: di lui non si conosce con precisione la data di nascita, né fino ad oggi si era fatta chiarezza sulla formazione del nucleo familiare di cui fece parte e sul quale sono state date versioni diverse. In effetti, a voler dar credito alla genealogia del Litta (1832), solitamente attendibile, egli sarebbe stato uno degli unici tre figli nati da questa unione, mentre secondo altre ricerche Giovanni avrebbe avuto ben 12 fratelli. Dai documenti conservati presso l’archivio dell’ente risulta che il padre al momento della morte, avvenuta nel novembre 1647, abbia nominato eredi universali i figli Ottone, Francesco, Carlo, Ludovico, Giovan Pietro, Giuseppe ed Antonio tutti nati da Ottavia Annoni. Gli stessi nomi compaiono nel testamento di quest’ultima, redatto nel 1682. Incuriosisce e stupisce l’assenza del nome di Giovanni, forse individuabile in Giovan Pietro. Emerge inoltre la circostanza che nel 1648 Ottone Visconti, in qualità di primogenito del defunto Giovanni Visconti e della suddetta Ottavia Annoni, abbia presentato insieme con i fratelli un’istanza al vicario di Provvisione di Milano per ottenere l’esenzione solitamente accordata alle famiglie con dodici figli. Nell’ordinazione del vicario, Francesco Orrigone, si legge che la richiesta era stata presentata una prima volta il 2 aprile 1648 e che il 17 agosto era stata riproposta (e finalmente accordata) “per esser nato il [figlio] duodecimo, che [prima] però era nell’utero della madre et come [risulta] da dette lettere patenti che s’essibiscono”. Dunque da qui ricaviamo la conferma delle inesattezze compiute dai genealogisti e biografi precedenti, nonché del fatto che l’ultimo nato non poteva essere Giovanni, perché in quel caso la madre lo avrebbe aggiunto agli altri nomi nel suo testamento del 1682: ciò ci induce a concludere che egli vada individuato nel Giovan Pietro di cui abbiamo detto e che con sicurezza nacque precedentemente il 1647 essendo senza ombra di dubbio uno dei sette maschi citati nei testamenti dei due genitori, da cui evidentemente erano rimaste escluse le femmine, figure quasi totalmente sconosciute. Anche dei fratelli maschi di Giovanni del resto non sono molti i dettagli accertabili.
La vita pubblica ebbe inizio per Giovanni Visconti occupando “posizioni di rilievo” in luoghi pii. Nel 1686 egli, primo del ramo dei Visconti di Crenna (che da due generazioni divideva a metà la signoria di Crenna, tra la progenie di Cesare e quella di Ottone, nonno del nostro, entrò a far parte del Consiglio decurionale, due anni più tardi fu deputato nell’Ospedale dei vecchi di Porta Vercellina e nel 1689 iniziò il suo rapporto con quel luogo pio cui avrebbe lasciato le proprie sostanze, in quanto divenne uno dei deputati delle Quattro Marie.
Nel 1690 il percorso politico-sociale di Giovanni Visconti intraprese una prima importante svolta perché egli divenne mastro di Campo, veste nella quale appare effigiato nel quadro che lo ricorda. L’acquisizione di questo ruolo non sempre costituiva una concreta collocazione professionale ma spesso era soltanto un’importante onorificenza. E tuttavia anche in questi casi diventare mastro di Campo poteva essere un mezzo attraverso cui avere accesso in un mondo, come quello militare, che poteva offrire interessanti opportunità di affari e conoscenze, circostanza ancora più significativa negli anni Novanta del Seicento, quando cioé Milano era divenuta passaggio di eserciti, e soprattutto di truppe alemanne, guidate da quei generali del Sacro Romano Impero in cui aveva il proprio fulcro il “partito imperiale” guidato da Eugenio di Savoia che sarebbe diventato nel decennio successivo governatore di Milano sotto gli Asburgo d’Austria. Dunque, Giovanni Visconti, pur continuando la propria attività nei luoghi pii (fu anche deputato della fabbrica di San Sebastiano e dell’Ospedale dei mendicanti della Stella, nonché del Luogo pio Divinità), ammantato della qualifica di mastro di Campo, attraversò la difficile fase dell’ultimo decennio del Seicento, quella del “marasma” politico alla corte di Madrid. Sempre con queste attribuzioni lo vediamo attraversare il cambio dinastico di inizio Settecento quando la corona di Spagna e il governo del Milanese passò dagli Asburgo di Spagna ai Borboni. Dopo l’ingresso dell’esercito imperiale austriaco (1706) Eugenio di Savoia lo nominò il 16 aprile 1708 “appossentatore” delle celebrazioni da organizzare per l’arrivo a Milano della regina. La buona riuscita in questo incarico, collegata pure ai buoni affari che esso plausibilmente comportò, determinò con ogni probabilità il successivo inserimento, con diploma 24 aprile 1708, nell’ambito di una delle più importanti magistrature di nomina regia dello stato: il Magistrato Ordinario che si occupava di amministrare le imposte indirette. Ma la circostanza in cui nel 1708 Giovanni Visconti fu nominato questore non togato del Magistrato Ordinario rimanda pure alle complesse dinamiche politiche esistenti a Milano in quegli anni, quando la città e lo stato erano in qualche modo sottoposte ad un doppio binario di legittimazioni, quello procedente da Vienna e dall’imperatore Giuseppe I sotto cui formalmente Milano si trovava soggetta, e quello derivante dalla corte di Barcellona in cui operava l’arciduca Carlo d’Asburgo che, fratello dell’imperatore, non in alternativa a questi ma certo neppure in completa sintonia aspirava ad essere riconosciuto quale re di Spagna col nome di Carlo III e ambiva a riportare i territori italiani sotto il potere di una monarchia asburgica di Spagna. Nel 1712 Carlo III ormai divenuto imperatore col nome di Carlo VI, in uno dei suoi ultimi atti da Barcellona prima di lasciare definitivamente la Spagna, scriveva al governatore di Milano principe Eugenio di Savoia raccomandandogli di tramutare in “fisso” quell’incarico di soprannumerario di cui da quattro anni godeva il nostro. Non risulta che la disposizione abbia mai avuto seguito, ma certamente si può dire che con questa ulteriore tappa il percorso professionale del Visconti sembra aver avuto diverse opportunità, e differenti entrature in ambiti professionali tra loro almeno apparentemente inconciliabili: decurionato, inserimento nel mondo militare, ruoli di consulenza e amministrazione in diversi luoghi pii e la carriera in un’importante magistratura regia, certo senza segnalarsi in modo particolare, ma con la capacità di sostenere contemporaneamente tutti questi difficili ruoli.
Dopo aver rinunciato alla carica decurionale nel 1718 (il suo posto fu preso dal giovane Antonio Tolomeo Gallio Trivulzio, futuro fondatore del Pio Albergo), si occupò fino alla fine dei suoi giorni del Luogo pio delle Quattro Marie, vivendo in una casa da nobile, affittata dal notaio Giovan Battista Tosi, opportunamente mobiliata e ornata, così come si evince leggendo accuratamente l’inventario dei beni redatto post mortem, in cui sembra ricevesse clientes e postulantes nel disbrigo delle attività per i luoghi pii di cui continuava ad essere membro. Nel 1721 Giovanni Visconti, essendo “alquanto indisposto della [sua] infermità di petto…” stese il proprio testamento: in esso il Visconti, che non dispose legati per i familiari eccettuata la nipote Ottavia di soli cinque anni, costituì erede universale delle proprie sostanze il Luogo pio delle Quattro Marie.
(da Il tesoro dei poveri, pp. 72-73, testo di Cinzia Cremonini)