Con testamento del 25 luglio 1632, rogato a Siviglia dal notaio Juan Bautista de Contreras, il commerciante Francesco Bernardino Palazzi, nato a Milano ma residente nella città spagnola, dopo aver disposto la distribuzione di una parte del suo ingente patrimonio tra i parenti, ne lasciava il rimanente da investirsi in beni immobili per l’istituzione di “un patronato regale affinché la rendita prodotta da quest’ultimo investimento venga distribuita [dagli esecutori testamentari] come dotazione per donne giovani povere e virtuose, sia per favorire l’accesso alla vita religiosa, sia per sposarsi e anche come elemosina per i poveri nella quantità e nel modo conveniente” nelle città di Siviglia, Triana e fuori Siviglia. La fondazione ebbe luogo con atto del 25 giugno 1634, per opera di un altro milanese, Bartolomeo Scotto, esecutore testamentario e cognato di Palazzi, il quale “valendosi dell’autorità conferitagli dal testatore di determinare le norme per l’attivazione di questa beneficenza, stabilì che le doti dovessero riservarsi a favore di fanciulle della propria discendenza e di quella del testatore”, decisione ribadita nel testamento dello stesso Scotto, rogato il 26 settembre 1658.
La dotazione dell’Opera pia consisteva nella porzione residua del patrimonio Palazzi, investita in titoli del Ducato di Milano depositati presso il banco di Sant’Ambrogio. Un documento del 1756 attesta che a quella data la causa pia era stata trasferita da Siviglia a Milano e che il suo capitale ammontava a 25.000 ducati milanesi, mentre la rendita, dalle iniziali 9.703 lire annue, si era ormai ridotta a 6.648. Circa 1.500 erano erogate in elemosine e altri oneri; la parte restante serviva per la costituzione della dote a favore di ragazze delle due discendenze.
Sfuggita ai concentramenti giuseppini e a quelli napoleonici, che lasciarono “salvi i diritti patronati delle famiglie”, l’amministrazione dell’opera pia rimase presso i patroni finché l’ultimo di essi, il conte Giuseppe Stefano Stampa, il 27 gennaio 1874 fece formale atto di rinuncia chiamando a sostituirlo la Congregazione di Carità di Milano. Con il Regio Decreto del 2 maggio 1875, n. 764, l’amministrazione della causa pia, da quel momento denominata “Scotto Palazzi”, fu definitivamente affidata alla Congregazione di Carità, che ne incamerò anche le carte d’archivio. Secondo lo Statuto organico, le rendite dell’opera pia, il cui patrimonio consisteva in un capitale di circa 60.000 lire, andavano divise annualmente in due parti uguali: metà per le elemosine in denaro e in vestiario a poveri di Milano, metà per le doti. Riguardo a queste, in mancanza di ricorrenti che provassero la discendenza dalle due linee Palazzi e Scotto, si sarebbero dotate altre nubende povere della città “di condizione civile”, ciò che si rivelò essere la norma.
Nel 1915 la quota delle rendite annuali destinata a beneficenza dotale fu devoluta ex lege alla Prefettura per l’assistenza dell’infanzia; a partire dal 1917 fu poi destinata agli orfani di guerra.
Negli anni Cinquanta del Novecento la Prefettura respinse la proposta dell’Eca di estinguere l’opera pia Scotto Palazzi, domanda ripresentata – ancora senza esito – dopo la soppressione dell’Opera Nazionale Orfani di Guerra, avvenuta nel 1979. L’opera pia cessò infine di esistere in seguito alla fusione nei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, sancita da deliberazione della Giunta della Regione Lombardia del 6 febbraio 1998 n. 34505.
(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, pp. 336-337)