Emilio Magistretti nasce a Milano il 26 giugno 1851 da Carlo, ingegnere civile, e da Ernesta Besia, figlia di Gaetano, architetto e professore a Brera. La famiglia intrattiene molteplici relazioni sociali e culturali nella Milano romantica, da Carlo Porta ad Alessandro Manzoni, da Tommaso Grossi a Giovanni Raiberti.
Dopo aver svolto studi umanistici frequenta l’Accademia di Brera sotto la guida di Raffaele Casnedi, Bartolomeo Giuliano, Luigi Bisi e Francesco Hayez; nel 1880 ottiene un premio dal ministero di Pubblica Istruzione e visita Parigi. Nel 1881 si unisce in matrimonio con la pittrice milanese Virginia Fenghi (1858-1941) da cui avrà i figli Gian Carlo e Luigi Maria. In parallelo, dal 1878 inizia a partecipare alle esposizioni indette dall’Accademia di Brera con composizioni di genere come Il 9 gennajo 1878 in Milano (1878), “Ecco papà!” (1883), Il Vero Eroe (1884), Primi sintomi del cuore (1888) e opere di soggetto sacro tra cui Regina Martyrum (1884) e Mater Dolorosa (1886). In tale ambito risulta particolarmente attivo: si ricordano ad esempio i lavori da lui realizzati, ricorrendo anche alla tecnica dell’affresco, per le chiese parrocchiali di Bernareggio, Caglio, Carpesino, Casorezzo, Cassano Magnago, Inverigo, Lezza, Seregno e a Milano in Sant’Agostino, San Babila, San Fedele, San Vittore al Corpo, Santa Sofia; nei cimiteri di Cuvio, Desio, Erba, Lodi, Maggianico e al Monumentale di Milano. Nel settore della decorazione si segnalano i suoi interventi negli interni di villa Alborghetti a Carpesino, nel ridotto del Teatro Sociale di Como (L’apoteosi di Plinio e di Alessandro Volta) e nella sede del Club dei Signori di Lodi (La danza delle ore). Alla I Esposizione Triennale di Milano presenta una composizione prospettica, “Locus olim publicae Veneri damnatus” (Coro della chiesa dell’Incoronata di Lodi – studio dal vero) e una di carattere storico, Marco Aurelio clementissimo imperante, riproposto con il titolo Il martirio di Santa Blandina all’Esposizione Internazionale di Guatemala nel 1896.
Magistretti si specializza tuttavia come ritrattista al servizio di una committenza ampia e variegata: agli esponenti delle grandi famiglie dell’aristocrazia – i Borgia, i Crivelli, i Della Porta, i Landi, i Litta Modignani, gli Stanga, i Trecchi – si susseguono quelli della borghesia delle imprese e dei commerci, tra cui i Bolgè, i Carbonini, i Casnati, i Feltrinelli, Gavazzi, i Grondona, i Salmoiraghi. Significativo è anche l’impegno fornito dall’artista all’incremento delle quadrerie dei benefattori di alcune tra le più significative istituzioni ospedaliere e assistenziali ambrosiane: per l’Ospedale Maggiore esegue i ritratti di Giuseppe Usuelli (1895), Ferdinando Repossi (1897), Antonio Valerio (1900), Alessandro Bianchi (1913); per l’Istituto dei Ciechi quello di Adele Gavazzi Mazza (1898), per la Congregazione di Carità le effigi a figura intera di Maria Mantegazza (1893) e di Luigi Crivelli (1902) e per gli Asili Infantili quello di Carolina Bolgè Nasoni (1910). Dipinge inoltre i ritratti di Luigi Nazari di Calabiana (1892) e Paolo Ballerini (1894) per la galleria degli arcivescovi di Milano e le effigi di Vittorio Emanuele III e di Elena di Savoia rispettivamente per la Camera di Commercio di Milano e per l’istituto di assicurazioni “La Sicurtà” di Trieste.
Dopo il 1900, trascorrendo i mesi estivi in villeggiatura sulle alture della Vallassina, spesso insieme al collega Achille Formis, manifesta un rinnovato interesse per la pittura di paesaggio e di animali presentando alcuni esiti di tale produzione alle esposizioni della Società Permanente. Negli ultimi anni di vita scrive le proprie memorie, edite nel 1926 per i tipi di Alfieri & Lacroix sotto il titolo La mia opera.
Emilio Magistretti muore a Milano il 31 marzo 1936.
(testo di Sergio Rebora)