Figlio di Pietro, Giuseppe Vermiglio nasce in una data riferibile intorno al 1587 molto probabilmente a Milano. Nel 1604, a circa diciassette anni, risulta residente a Roma presso la bottega del pittore e mercante d’arte Adriano Monteleone, suo “padrone”; tra il 1605 e il 1611 è più volte arrestato e processato per porto d’armi abusivo e rissa.
Nel 1612 esegue la sua più precoce opera attualmente nota, L’incredulità di San Tommaso per la chiesa di San Tommaso ai Cenci in Roma, su commissione del parroco Onorato Rebaudi, originario di Pigna, località della Liguria di Ponente nel cui territorio Vermiglio sarà varie volte operante (santuario di Passoscio, chiesa di Sant’Antonio a Dolceacqua). Come pittore, dal punto di vista stilistico, è vicino ai modi del Cavalier d’Arpino da un lato e del Caravaggio dall’altro: di quest’ultimo riprende anche alcuni soggetti in una serie di composizioni replicate in più varianti, come il Sacrificio di Isacco, l’Incoronazione di spine (tra cui si ricorda quella conservata in Palazzo Altieri a Roma in origine presso il marchese Vincenzo Giustiniani), la Negazione di Pietro, David con la testa di Golia, la Cattura di Cristo e Giuditta decapita Oloferne e San Giovanni Battista, delle cui versioni si ricorda quella oggi appartenente all’ASP Golgi-Redaelli di Milano. Nel 1617 partecipa all’Accademia di San Luca e dipinge Quattro Santi sulla facciata della casa in piazza di Sciarra per la Confraternita dei Bergamaschi.
Nel 1619 è ancora attestato a Roma; nel 1621 risulta stabilito a Milano, dove si unisce in matrimonio con Violante Zerbi, figlia del notaio Castorio, e dove porta a termine alcune commissioni destinate ai nuovi ordini religiosi e alle congregazioni postconciliari, come i canonici lateranensi per i quali Vermiglio esegue un ciclo di sette tele con Storie di Sant’Innocenzo oggi nella sacrestia del Duomo di Tortona e forse in origine nella chiesa di Santo Stefano a Milano. Per la sede degli stessi a Novara realizza l’Adorazione dei pastori della Pinacoteca di Brera (1622) e l’Ultima Cena del Museo Diocesano di Milano (1622); per Santa Maria della Passione in Milano, con Daniele Crespi, altre tele collocate nel tiburio tra cui Daniele nella fossa dei leoni (1625), per San Carlo in Menaggio e per Santa Maria di Castello in Alessandria la Samaritana al pozzo (1626) oggi alla Galleria Sabauda di Torino. In parallelo è operante anche per i certosini nella Certosa di Pavia – come attesta il San Bruno in estasi della Certosa di Pavia (1627) – nel Castello di San Colombano al Lambro e nella chiesa di Santa Croce a Mantova. Si dedica anche alla pittura da cavalletto per committenti privati, una produzione di cui sono significativi esempi Giaele e Sisara e Giuditta e Oloferne della Pinacoteca Ambrosiana e il San Sebastiano della Pinacoteca del Castello Sforzesco.
Nel 1634 Vermiglio è ad Asti e l’anno successivo a Torino presso la corte sabauda: da quella data non si conoscono documenti circa la sua biografia e la sua attività artistica.
(testo di Sergio Rebora)