Nell’immediato secondo dopoguerra l’Eca di Milano svolse un ruolo di primissimo piano per la ricostruzione del Paese sulle macerie provocate dal conflitto.
L’impegno dei suoi amministratori, a cominciare dal commissario Ezio Vigorelli, designato dalla giunta guidata dal sindaco socialista Antonio Greppi, si contraddistinse per la volontà di fondare la rinascita di Milano su “ideali di giustizia sociale che vanno finalmente attuati se davvero si vogliono raggiungere la pacificazione degli animi e la consapevole fedeltà di tutti gli italiani alla patria comune”.
La creazione della Cooperativa agricola dell’Eca costituì un momento importante in questo processo, rivalutando l’esperienza cooperativa, annichilita durante il ventennio fascista. L’intento era duplice: “contribuire all’elevazione del bracciantato agricolo, chiamato a dirigere la cooperativa da esso formata” e “svolgere una funzione calmieratrice”, immettendo direttamente sul mercato i prodotti.
La Cooperativa agricola venne istituita il 25 marzo 1946 su iniziativa personale di Vigorelli, ma venne munita di prerogative di completa autonomia ed indipendenza rispetto all’Ente comunale di assistenza.
Il sodalizio assunse la conduzione di due poderi di proprietà dell’Eca, quello di Bonate e quello di Montano, per un’estensione complessiva di circa 5000 pertiche di terreno.
Come auspicato da Vigorelli, primo presidente della cooperativa fu designato un contadino, Paolo Colnaghi. Tuttavia le imprescindibili competenze amministrative, indussero pochi mesi più tardi a fargli subentrare Ettore Fiamenghi (1889-1972) – ragioniere e in quegli stessi anni dirigente di Federterra per il settore dei coltivatori diretti – che, oltre a una specifica preparazione tecnica poteva vantare una precoce avversione verso il passato regime fascista, essendo stato condannato nel 1928 dal Tribunale Speciale a cinque anni di reclusione per associazione comunista, cospirazione e propaganda sovversiva.
Anche sotto la sua guida la cooperativa ebbe però vita faticosa, caratterizzata da una cronica mancanza di fondi e dalla contestuale incontrollata crescita della situazione debitoria, tanto che già nel 1950 d’intesa con l’Eca venne stabilita la rescissione anticipata della locazione del podere di Bonate e tre anni più tardi anche di quella di Montano.
Con il definitivo scioglimento della cooperativa nel 1958, si chiudeva l’esperimento di un coinvolgimento diretto delle classi lavoratrici nella gestione dei beni dell’Eca, per tornare alla forma tradizionale dell’affitto a imprenditori privati.
(testo di Maria Cristina Brunati)