Il podere di Tavernasco, situato nell’attuale comune di Noviglio, perviene al Consorzio della Misericordia attraverso le disposizioni testamentarie dei benefattori Pietro Luigi e Giacomo Verga, che in precedenza lo acquistano dal conte Renato Trivulzio (notaio Marco Frumenti, 28 gennaio 1519) per lire 57804, unitamente alle ragioni d’acqua della roggia Cazzana. Nel suo testamento (notaio Giovanni Battista Bossi, 16 ottobre 1524), Pietro Luigi Verga nomina erede il fratello Giacomo, riservando alla Misericordia metà dei propri beni in Tavernasco – ammontanti a circa 2000 pertiche – con l’obbligo di erigere una cappella dedicata ai Santi Pietro e Caterina nella chiesa parrocchiale di Dugnano. Dal canto suo, Giacomo nomina erede sostituto lo stesso luogo pio (notaio Giovanni Battista Bossi, 16 ottobre 1524) e dispone la costruzione di una cappella dedicata a San Rocco nello stesso Tavernasco; la Misericordia accetta l’eredità di Giacomo Verga ricusando quella del fratello, ritenuta onerosa, e fa edificare, adiacente alla cascina, un oratorio che, in occasione dell’epidemia del 1576 (la “peste di san Carlo”), viene intitolato a San Rocco, protettore e guaritore dei contagiati. I beni di Pietro Luigi perverranno solo nel 1536 dopo un accordo con i legatari del benefattore.
La Misericordia amplia l’estensione del podere acquistando in loco altri appezzamenti di terreno da Giovanni Giacomo Oroboni (notaio Carlo Castiglioni, 13 settembre 1588); seguono poi ulteriori acquisizioni attestate dal Cabreo delle possessioni di Tavernasco compilato nel 1681 dall’ingegnere collegiato Agostino Regalia. Attraverso la mappa illustrativa che correda il documento si evince infatti che il podere copre a quell’epoca un’estensione di 2620 pertiche, comprendendo anche la roggia Cazzana, le teste e le aste dei fontanili Doresano, roggia Fughetta e roggia Garzendesca. Il Cabreo testimonia anche l’esistenza di alcuni edifici sul territorio in questione, tra cui quelli intorno alla corte sui lati nord, ovest e sud: tra gli altri, nella zona più a nord si riconoscono l’oratorio di San Rocco e il cosiddetto castello.
Nel 1646 la locazione del podere viene assegnata a Giovanni Stefano Rognoni (1596 c.-1676) e a suo figlio Carlo (1625 c.-1675), verosimilmente originari di Binasco, i quali sono coadiuvati nella loro attività di fittabili da altri figli di Giovanni Stefano: Melchiorre, Giovanni, Giovanni Battista con le loro famiglie. Nel 1661 i due vengono investiti anche del cospicuo podere Badile, limitrofo a Tavernasco; nel frattempo i Rognoni diventano proprietari attraverso l’acquisto di un podere in Mettone ubicato nei pressi di Lacchiarella. I discendenti dei primi affittuari, ramificati nel tempo in intrecci genealogici quasi inestricabili, proseguono di rinnovo in rinnovo entrambe le locazioni fino alle loro cessazioni, avvenute nel 1775 per Badile e nel 1782 per Tavernasco. Successivamente alcuni esponenti del folto e agiato clan dei Rognoni si trasferiscono a Milano, Novara, Pavia e in altre località in cui, affermato solidamente il proprio status borghese, accedono a professioni civili e incarichi amministrativi pubblici pur mantenendo la condizione originaria di possidenti terrieri.
Il censimento generale dello Stato di Milano realizzato nel 1722 al tempo dell’imperatore Carlo VI, stima la possessione di Tavernasco in 2407,1 pertiche: a tale data sono da considerare edificati la casa del fattore e il primitivo edificio della pila da riso; risultano inoltre ampliato il nucleo originario della casa padronale e del caseificio e costruito lo stallone lungo il lato nord della corte.
Nel diciannovesimo secolo, al compimento dell’unità nazionale, il Collegio della Guastalla cede a titolo di permuta all’amministrazione dei Luoghi Pii Elemosinieri – subentrati al Consorzio della Misericordia dopo la concentrazione voluta da Giuseppe II – gli appezzamenti di Presogno, San Martino, Nicolino, Trepizzi per un totale di circa sessanta pertiche (13 agosto 1860). Entro il 1897 vengono effettuati altri lavori: il cortile interno del caseificio viene coperto e la parte nord-est dell’edificio a tre lati intorno alla corte subisce un ampliamento.
Nella prima metà del Novecento sono realizzate la porcilaia, la cosidetta casa del casaro nell’angolo sud-est del cortile del caseificio (quest’ultimo ampliato) e il rifacimento dell’edificio sul lato est della corte, separato dalle stalle a nord e a sud. Si costruisce inoltre un avancorpo sul lato nord della stalla attigua alla casa del fattore e vengono demoliti gli edifici situati di fronte all’oratorio di San Rocco, al di là della strada comunale di San Pietro. Al secondo dopoguerra risalgono numerose modifiche e aggiunte, tra cui la demolizione dei due edifici attigui al castello e la realizzazione delle nuove case coloniche a nord-ovest dell’oratorio, del lungo portico ad angolo nel cortile sul retro del caseificio (che ingloba gli edifici preesistenti), delle tettoie per il ricovero degli animali al centro della corte principale la ricostruzione della stalla sul lato nord della corte, a seguito dell’incendio verificatosi nel 1985.
Dalla fine del XVII secolo l’estensione del podere si è mantenuta pressoché inalterata, occupando ancora oggi una superficie di circa 173 ettari, destinati in prevalenza alla produzione di foraggi. Per questo tipo di coltivazione nella bassa pianura milanese è molto diffuso il metodo della marcita: un prato stabile sulla cui superficie, dall’autunno alla primavera, si fa scorrere con moto lento ma continuo e regolare un sottile velo d’acqua a temperatura sempre costante, che permette la crescita di erba nel corso di tutto l’anno. La complessità del sistema e gli elevati costi di mantenimento ne hanno oggi determinato la quasi totale scomparsa; uno dei pochi poderi dove questo sistema colturale continua ad essere praticato è appunto il podere di Tavernasco.