Giacomo Alberto Galimberti (1631 – 1695)

Pittore lombardo, Ritratto di Giacomo Alberto Galimberti, post 1695

Giacomo Alberto Galimberti nacque a Milano, in parrocchia di San Sisto, l’11 agosto 1631, da messer Girolamo fu Giacomo e da madonna Francesca fu Ercole Casati: titoli che indicano, com’è noto, il possesso di una certa distinzione sociale da parte delle famiglie dei genitori; i quali inoltre erano uniti da stretta parentela, tanto che il loro matrimonio, celebrato nel 1630 senza la necessaria dispensa, fu annullato e ripetuto nel 1650. All’età prescritta di 21 anni, nel marzo 1652, egli ricevette la prima tonsura e quindi, nel marzo-giugno 1653, gli ordini minori. Nel dicembre 1659, “provisto d’una capellania eretta nella chiesa delle RR. Monache di S. Cristina, intitolata a S. Alberto” nonché di licenza papale, chiese la promozione agli ordini sacri, e fu immediatamente ordinato suddiacono. La sua consacrazione a presbitero dovette certamente seguire nel volgere di pochi mesi, anche se non se ne è trovata traccia,  forse per una lacuna delle registrazioni nel gennaio-febbraio 1660.

Don Galimberti esercitò quindi il suo sacerdozio entro i confini parrocchiali di San Simpliciano, nella chiesa di Santa Cristina annessa al convento di  monache agostiniane, oggi non più esistente  (la soppressione è del 1774), ma allora appena riedificata (1652) e dotata di tre altari e di uno stimabile apparato di argenteria liturgica: questi elementi fanno pensare ad una collocazione di tutta tranquillità, probabilmente condivisa con altri cappellani e comprendente anche la direzione spirituale delle stesse religiose, peraltro non soggette alla clausura.

Il lascito al Luogo pio dei Poveri Infermi in san Simpliciano, dunque, si spiega anche con l’estrema prossimità tra la chiesa suddetta e la sede del luogo pio, quasi dirimpettaie sul  Corso di Porta Comasina. D’altronde, un atto del 1684 mostra don Galimberti ben inserito nella vita di quartiere accordarsi con Gian Angelo Erra, gestore di un  fondico di lana, il quale in cambio di un prestito in denaro – ma anche della celebrazione di messe – si obbligava a pagargli un interesse quadrimestrale; nel 1693, a seguito di altri prestiti allo stesso Erra, il capitale impegnato dal Galimberti assommava a  2000 lire: una cifra significativamente vicina  a quella legata due anni dopo in beneficenza.

Alla data di morte, avvenuta il 3 giugno 1695 ex febre frenetica, risulta fosse sempre residente in San Simpliciano, e quindi con ogni probabilità ancora incaricato in Santa Cristina.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 137-138, testo di Piero Rizzi Bianchi)