Libera Callegari nasce a Padova il 1° gennaio 1912 da Paolo e da Virginia Bertagnolli. Dopo la laurea in Chimica, nella seconda metà degli anni Trenta si trasferisce a Milano con i genitori e le sorelle Giuseppina e Pasqualina; la famiglia, contraria al regime dittatoriale, è legata al Fronte azionista di Ugo La Malfa, tramite il quale Libera nel 1942 conosce il partigiano Bruno Venturini, nativo di Fano, che sposerà il 25 settembre dell’anno seguente. Nonostante i frequenti cambi di domicilio per sfuggire alla polizia fascista, nel 1943, incinta, è arrestata con la madre e la sorella Lina per “favoreggiamento di partigiani”; condotta in carcere a San Vittore sarà rilasciata tre mesi dopo e sfollerà a Bergamo, dove il 29 luglio 1944 darà alla luce la figlia Anna. Trova lavoro come chimico analista presso la società belga La Vieille Montagne e come responsabile della documentazione tecnica e della biblioteca della Montecatini. Il 29 novembre 1944 il marito, vice comandante del Corpo volontari della libertà delle Tre Venezie, che da tempo vive in clandestinità tra Lombardia e Veneto, è ucciso a Brescia, ma Libera apprenderà la notizia del suo decesso solo nel maggio 1945, al suo rientro a Milano. Nel dopoguerra, per la sua attività antifascista, le verrà riconosciuta la qualifica di partigiana.
Aderisce al Partito Comunista, e anche dopo la Liberazione prosegue nell’impegno politico occupandosi della Commissione femminile della Federazione di Milano e dell’assistenza alle famiglie bisognose; diventa vice-commissaria alla Sanità nel Ministero dell’assistenza post-bellica, e dal 1945 al 1946 è vice-commissario all’Igiene e Sanità al CLN lombardo.
Motiverà il suo impegno nel sociale affermando: “Questa attività in aiuto di chi stava economicamente peggio di me, e il grande affetto di mia madre e delle mie sorelle, specie di Lina con cui vivo, mi hanno dato la forza di continuare”.
Dal 1946 fa parte del Comitato direttivo dell’Opera nazionale maternità e infanzia (Onmi), dell’Istituto nazionale confederale di assistenza (Inca); nel 1948 è nominata dalla Camera del Lavoro di Milano presso la Commissione per lo studio dell’Ente Regione Lombardia; negli stessi anni partecipa all’Associazione donne vedove e capofamiglia promossa dall’Unione donne italiane (Udi).
Dall’8 ottobre 1946 al novembre 1951 è eletta nel Comitato di Amministrazione dell’Ente Comunale di Assistenza (Eca) di Milano, con l’incarico di sovraintendere alle Scuole-ricovero, che accolgono profughi di guerra e sinistrati, “attendendo a un lavoro duro ed improbo”, in anni caratterizzati da “scarsezza di mezzi e in condizioni assai difficili”, come ricorderà il Presidente dell’Eca Ezio Vigorelli.
Durante il suo mandato, Libera informa i colleghi sulla situazione e sul funzionamento delle scuole-ricovero, sollecitando opere di miglioria, acquisizione di indumenti e di prodotti vitaminici per gli ospiti, concessione di premi per ogni bambino nato e per le famiglie che tengono in ordine i locali assegnati, suggerisce la costituzione di speciali commissioni assistenziali e la presenza di pediatri in ogni Istituto. Assegnata alla riforma del servizio sanitario dell’Ente, reputa economicamente vantaggioso abolire l’attività medica speciale presso le scuole-ricovero in quanto gli ospiti godono già dell’assistenza medica gratuita erogata dalle Cassa mutue malattia e gli indigenti ricevono le cure sanitarie elargite dal Comune; richiede i contributi comunali per le scuole, propone la ripartizione organica dei ricoverati per evitare inconvenienti creati dal sovraffollamento e prospetta l’azione di un Consiglio di disciplina che giudichi chi compie infrazioni alle regole e premi chi mantiene comportamenti lodevoli al fine di incoraggiare le buone pratiche della convivenza.
Propone la vendita dell’area di via Sottocorno per destinare il ricavato alla costruzione di un padiglione femminile nel nuovo dormitorio di viale Ortles; fa parte della commissione per l’assegnazione di locali nello stabile di via Ponzio; su incarico del Presidente esamina il trasferimento in strutture adeguate delle persone guarite e dimesse dai sanatori, ipotizzando l’istituzione di un servizio sociale nell’erigendo istituto post-sanatoriale o la concessione di case comunali.
Dopo aver lavorato alcuni anni alla Montecatini come analista alle miniere di Gorno, abbandona il settore chimico per dedicarsi all’editoria: scrive per la rivista «La chimica e l’industria» e sarà caporedattore scientifico di prestigiose case editrici.
La memoria del marito Bruno Venturini, sempre viva in lei, la stimola nel 1987 a pubblicarne la biografia per i caratteri Vangelista e a donare pochi mesi dopo alla città di Fano una raccolta di documenti sulla sua vita di partigiano, che andrà successivamente smarrita.
Libera Callegari muore a Milano il 28 febbraio 2013 ed è sepolta al Cimitero Maggiore.
(testo di Lorenza Barbero)