Giorgio Manzi discendeva da una facoltosa e influente dinastia di avvocati e notai originaria dell’alto Lago di Como. Era figlio di Ignazio e di Caterina Pinottini, della famiglia dei feudatari di Cassino Scanasio (oggi frazione di Rozzano). Studiò ingegneria all’Università di Pavia, dove si laureò il 3 agosto 1818.
Alla metà degli anni Venti, iniziò a lavorare per l’Amministrazione dei Luoghi Pii Elemosinieri, presso la quale lavorava il suo maestro, l’ingegnere Ercole Stagnoli, mentre il cugino di suo padre, avvocato Giorgio, era consulente legale.
Tramite il fratello maggiore Carlo, che era pittore e inventore, l’ingegner Giorgio ebbe modo di incontrare il poeta romano Giuseppe Gioachino Belli, al quale, nell’agosto 1827, mostrò una delle principali tenute dei Luoghi Pii Elemosinieri, le Cascine Doppie, all’epoca in affitto ai fratelli Cerri. In quello stesso anno Manzi era impegnato nello studio di un progetto per la ristrutturazione della Pia Casa di Abbiategrasso, che tuttavia non fu realizzato poiché fu preferito quello dell’ingegner Carlo Biraghi.
Dopo essere stato stabilizzato nell’impiego d’ingegnere d’ufficio nel 1832, sposò Carolina Fè, sorella della più celebre Carmelita moglie di Luciano Manara, sanzionando il legame con una delle più prospere famiglie imprenditoriali attive a Milano nel settore edilizio.
Tra i lavori di più importanti realizzati dall’ingegner Manzi alla metà degli anni Trenta, si ricorda la sistemazione della casa in Contrada della Signora 72 di proprietà del Pio Albergo Trivulzio, per adattarla a nuova sede dell’Amministrazione e della Direzione dei Luoghi Pii Elemosinieri.
Il nome di Giorgio Manzi è però legato soprattutto a interventi di razionalizzazione e sviluppo del patrimonio fondiario dei Luoghi Pii Elemosinieri. Sotto la sua guida furono realizzati ininterrotti interventi di miglioria ai poderi, in collaborazione con gli agenti di campagna a lui subordinati. Furono intraprese manutenzioni di edifici esistenti e costruzioni di nuovi corpi di fabbrica, dalle case coloniche ai rustici (stalle, fienili, magazzini, pile da riso, trebbiatoi) occorrenti al funzionamento delle singole aziende agricole.
Fra gli studi da lui approntati si ricordano la ridefinizione degli spazi del Castello di Carpiano, pervenuto ai Luoghi Pii Elemosinieri con l’eredità del conte Giacomo Mellerio, per ridurlo ad azienda agricola (1863–1864) e soprattutto la sistemazione del podere di Ronco di Poasco, trasformato in tenuta modello, secondo un progetto illustrato dallo stesso Manzi sul “Giornale dell’ingegnere, architetto ed agronomo” nel 1855.
Alle tematiche del miglioramento fondiario Manzi dedicò svariati articoli e studi: Sul regime di Roggia Vettabbia (1860); Sui prati marcitorii e loro collegamento alla irrigua coltivazione lombarda (1864), Cenni sulle costruzioni rurali della bassa Lombardia, ed invito a migliori studi per l’utilizzamento della pastorizia nell’Alpi (1876). Si interessò inoltre alle problematiche delle popolazioni dedite al lavoro nei campi, promuovendo nel 1864 l’istituzione della Società Agraria di Lazzate, che dopo aver preso in affitto un podere della Congregazione di carità, riuscì anche ad acquistarlo.
Nominato capo dell’Ufficio Tecnico il 14 agosto 1868, cessò dall’incarico nel 1871, continuando però a collaborare con l’ente in qualità di consulente. Dopo il collocamento a riposo intensificò il legame con il Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, alla cui ricostituzione aveva attivamente contribuito, entrando anche a far parte del primo Comitato direttore, presieduto dall’ingegner Luigi Tatti.
Giorgio Manzi morì il 30 dicembre 1882.
(testo di Maria Cristina Brunati)